Sport e Ramadan
08 Aprile
Perché i club calcistici non sarebbero legittimati a contestare eventuali (e comunque non comprovati) pregiudizi alla performance sportiva in relazione al digiuno
Nell’articolo pubblicato su “Le Regole del Gioco”, blog di approfondimento di diritto sportivo dello Studio legale LegisLAB, l’Avvocato Paolo Marsilio ha analizzato la fondatezza di eventuali azioni legali esperite dai club calcistici (specie di Serie A) nei confronti dei rispettivi calciatori musulmani, a fronte del prolungato digiuno a cui saranno chiamati nel mese del Ramadan e delle eventuali ripercussioni in termini di performance sportiva.
Con l’inizio, sabato 2 aprile, del Ramadan – il nono mese del calendario musulmano, dedicato alla preghiera e al digiuno – tutti gli uomini e le donne di fede islamica, con la sola eccezione delle persone malate, di quelle in viaggio, dei bambini e delle donne incinte, sono tenuti ad astenersi quotidianamente da cibo, acqua e qualsiasi altro tipo di bevanda, fumo e rapporti sessuali, dall’alba fino al tramonto.
Orbene, ai sensi dell’articolo 9 del Contratto collettivo dei calciatori di Serie A, sussiste un obbligo per i calciatori di curare la propria integrità psico-fisica in funzione delle prestazioni sportive che sono tenuti a fornire. Analogamente, ai sensi dell’articolo 10, devono osservare le istruzioni tecniche e le altre prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici.
In via puramente astratta, le norme sopra richiamate potrebbero porre in una condizione di potenziale inadempimento i calciatori che non fossero in grado di garantire un’ottimale resa della prestazione sportiva per ragioni quali un’alimentazione inadeguata.
Tuttavia, in concreto, ogni eventuale azione legale volta a chiedere un possibile ripristino del sinallagma contrattuale ove tale presunto inadempimento fosse legato a legittime pratiche religiose, si scontrerebbe certamente con norme di rango superiore tali da rendere illegittime le pretese dei club.
Ed infatti, la Costituzione, che tutela la libertà religiosa, governa l’intera normativa vigente (fra cui, pertanto, anche le norme che governano l’ordinamento giuridico sportivo) e preclude ogni possibile azione idonea a minare il libero esercizio della religione anche laddove questo comporti una lesione degli obblighi lavorativi.
Interessante anche valutare l’effettiva incidenza del digiuno sulle concrete performance sportive, come parrebbero escludere illustri studi universitari o, banalmente, le ottime prestazioni di alcuni calciatori a livello nazionale e internazionale.
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